Buongiorno! Grazie alla Newton Compton ho letto il secondo romanzo di Angela Marsons, dopo Urla nel silenzio, che s'intitola Il gioco del male. Una storia ancora più avvincente ed inquietante, nella quale ha un posto fondamentale la psicologia e la mente umana. Vi spiego perchè mi è piaciuto più del primo!
Titolo: Il gioco del male
Autore: Angela Marsons
Editore: Newton Compton
Genere: Thriller
Pagine: 384
Prezzo: 9,90 eBook 4,99
Uscita: 2016
Genere: Thriller
Pagine: 384
Prezzo: 9,90 eBook 4,99
Uscita: 2016
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TRAMA
Quando viene rinvenuto il cadavere di uno stupratore, la detective Kim Stone e il suo team sono chiamati a investigare. Sembra un semplice caso di vendetta personale, ma l’omicidio è solo il primo di una serie di delitti che via via diventano più cruenti. È evidente che dietro tutto questo c’è qualcuno con un piano preciso da realizzare. Mentre le indagini si fanno sempre più frenetiche, Kim si ritrova nel mirino di un individuo spietato e deciso a mettere in atto il proprio progetto criminale, a qualunque costo. Contro un sociopatico che sembra conoscere ogni sua debolezza, la detective Stone si rende conto che ogni mossa potrebbe esserle letale. E così, mentre il numero delle vittime continua a crescere, Kim dovrà considerare ogni minima traccia, perché con un avversario del genere anche la più remota pista va percorsa per fermare il massacro. E questa volta è una questione personale.
Il gioco del maleè un thriller molto più avvincente e convincente del suo predecessore intitolato Urla nel silenzio. La protagonista è la stessa, la detective Kim Stone ma molte cose sono cambiate, direi assolutamente migliorate.
Kim è una donna forte, energica, fredda e determinata. Una persona che non sembra provare alcuna emozione, che vive solo per il suo lavoro e per fare giustizia. Questa è l’immagine che abbiamo di lei leggendo il primo romanzo che la vede risolvere un caso molto difficile che coinvolge soprattutto il suo passato. La donna ha avuto un’infanzia terribile e problematica e naturalmente i riverberi maledetti di quei ricordi dilanianti e tuonanti hanno forgiato il suo carattere, rendendola una persona che all’apparenza sembra inavvicinabile. Non ha molti amici ma sicuramente è circondata da tanto rispetto, soprattutto da parte dei colleghi che l’ammirano per la sua caparbietà e per il suo senso di verità e di onestà.
Un personaggio descritto alla perfezione che già nel primo romanzo aveva colpito totalmente l’attenzione del lettore per il suo realismo e la sua potenza caratteriale e dominante. In questo secondo libro, il tutto si amplifica perché la nostra Kim Stone, così irreprensibile e ghiacciata, quasi anaffettiva, distaccata e inquieta, trova uno specchio in cui riflettersi, peccato però che questo specchio sia rovinosamente spezzato.
Ecco di nuovo la sensazione della sua carne contro la tua ma questa volta alle tue condizioni. Mentre ritirava la lama dal suo stomaco provò un senso di vittoria. Spingere e ruotare la lama per vincere la sua resistenza le aveva dato una grande soddisfazione. Guardi il sangue formare una pozza e sai che lui non ha più alcun controllo su di te.
C’è un’antagonista di tutto rispetto e si chiama Alexandra Thorne. Una donna che è l’esatto opposto di Kim: bella, sensuale, femminile, affermata psichiatra amata ed apprezzata da tutti che ha dedicato la sua vita ad aiutare le persone in gravi difficoltà psicologiche, in modo particolare quelle che devono affrontare violenze, abusi e sopraffazioni.
Un personaggio lineare e razionale. Una figura all’apparenza indomabile. Una donna che non sembra avere ombre nella propria vita così luminosa ed accondiscendente ma Kim, grazie al suo istinto infallibile, fin dal loro primo incontro, percepisce qualcosa di sbagliato, qualcosa che decisamente non va.
La scoperta del cadavere di uno stupratore a Black Country mette in moto una serie di omicidi che non sembrano avere fine. Strane morti ombreggiano la cittadina, creando caos e sconforto e portando a galla tutto il marcio che fino ad allora era rimasto nascosto sotto chili di polvere.
Donne che uccidono i loro bambini, vittime che straziano i corpi dei loro aguzzini, insomma una follia omicida e senza senso si impossessa lentamente di quel luogo nel quale quasi tutti arrancano nel buio, tranne il lettore.
La detective Kim Stone era socialmente inabile. Non padroneggiava minimamente le buone maniere che tutti erano in grado di apprendere con facilità, nel caso non le possedessero naturalmente. Era appassionata ed intelligente. Era possibile che avesse subito abusi sessuali ma sicuramente aveva sofferto una perdita dolorosa. Non gradiva il contatto fisico e non le importava che la gente se ne accorgesse.
Angela Marsons decide di adottare la narrazione in terza persona e fa in modo che chi legge sappia già tutto. Conosca l’assassino prima dei personaggi e questo non diminuisce la curiosità bensì l’acuisce soprattutto in relazione alle motivazioni di quegli atti che restano per lungo tempo sconosciute.
Inoltre mentre si legge si ha la sensazione e la voglia di sperare e di incitare la protagonista a trovare la soluzione, immaginando che lei possa presto capire quale sia il sentiero giusto da percorrere che porti direttamente al colpevole.
Lo stile dell’autrice è minuzioso, dettagliato, cupo e inquietante. L’aria che si respira è malata e fumosa, annerita da qualcosa di totalizzante che si sta espandendo come un morbo e che può colpire tutti.
Essere bella e intelligente non costituiva di per sé un crimine e Kim seppe di dover pianificare con cura la prossima mossa. Anche lei, nel corso degli anni, aveva costruito con cura e pazienza una facciata da mostrare al mondo, ma non aveva mai conosciuto una persona come Alexandra Thorne.
Come ammette la stessa Marsons, per scrivere questo romanzo si è documentata davvero tanto a proposito di psichiatria e in modo particolare di una malattia che è quella dei sociopatici. Il colpevole è un sociopatico, una persona che non prova sentimenti, non prova alcun tipo di rimorso e che soprattutto ama mentire e manipolare le altre persone.
Non a caso il titolo fa riferimento al gioco, perché si tratta di un gioco insano e malato che si stabilisce tra Kim e l’assassino, un gioco cattivo perché soprattutto mentale, volto a dissacrare e a devastare tutte le sue difese psicologiche perché entrambi hanno molte più cose in comune di quanto immaginano.
Il gioco del maleè superiore al suo predecessore perché nonostante lo stile e la maniera di raccontare siano rimasti inalterati, è proprio la storia ad essersi arricchita, ad aver guadagnato di profondità e spessore. Gli stessi studi dell’autrice rendono le vicende reali e concrete e e soprattutto istigano la curiosità del lettore perché avvolgono un antagonista che è capace di intrigare e di attrarre forse più del protagonista.
Ne consiglio la lettura a tutti gli amanti dei thriller perché non rimarranno delusi ed inoltre è già confermato che c’è un terzo romanzo, che probabilmente concluderà questa fortunata serie. Motivo in più per leggerlo e per tenersi pronti al capitolo finale.